La notte di (San) Lorenzo

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Un neonato ritrovato vicino ad un cassonetto dei rifiuti. Chi più chi meno, tutti hanno espresso le proprie considerazioni: sui giornali, in radio, sulle spiagge e sotto gli ombrelloni; chi si è sperticato in lode del fiuto dei cani che lo hanno fatto ritrovare ai propri padroni, chi si è complimentato con i sanitari e con la macchina dell’emergenza che si è messa in moto, chi ha fortemente criticato la neo mamma e chi la ha giustificata, chi imputa alla società in cui viviamo il rifiuto della vita e così via.

Già questo basterebbe ad evitarvi questo mio scritto, ma ci sono aspetti che non mi pare siano stati vagliati, in un mondo che – ormai – mette bocca su tutto attraverso i social, con i leoni da tastiera pronti a sbranare chi diventa involontario protagonista.

Vediamo. Una donna abbandona un figlio appena nato (ma lo pulisce, lava ed avvolge in una coperta, lasciandogli accanto un peluche, magari appostata nei pressi per verificare che fosse ritrovato) è una giovane ragazza straniera, forse troppo giovane per avere un bambino di cui doversi occupare, forse per un lavoro che non le lascia alternative, nativa di un Paese dove il confine fra vita e morte è ancora troppo labile, con valori e costumi diversi dai nostri.

Noi, nell’agiata società consumistica, che (oggi) si straccia le vesti e che su FB scrive “sono moglie di un medico” per farsi affidare il neonato: non scrive sono una mamma, ma sono la moglie di qualcuno, come se questa condizione fosse privilegiata, mentre un neonato avrebbe bisogno di cure ed affetto (a tutto tacere che, per la nostra normativa, deve essere dichiarato adottabile e seguire un iter per l’adozione). Ecco, mentre ci sono bambini abbandonati, non affidati, senza famiglia o con famiglie economicamente indigenti, si scatena la solidarietà patinata.

Tutte queste persone, fuori dal fatto eccezionale, dove sono? Dove sono coloro i quali parlano di solidarietà, ma non la praticano realmente (come quando si dichiarano cristiani senza andare a messa) e, quando va bene, lasciano qualche spicciolo di elemosina?

Per non parlare delle Istituzioni,che – d’altra parte – ci rappresentano per quello che siamo: un popolo di bacchettoni, approfittatori e venditori di fumo.

Una madre che abbandono il figlio appena nato diventa specchio dei tempi e dei costumi: ma si, laviamocene le mani, un plauso ai sanitari ed a chi ha ritrovato il bimbo (proprio perchè c’era la speranza che fosse trovato), facciamo a gara a farcelo assegnare ed avremo un trofeo da esibire a garanzia della nostra bontà d’animo. Non è così.

Se è vero che esistono istituzioni che favoriscono il parto con il relativo anonimato in ospedale (anonimato?) o la culla dei bambini abbandonati (che ripropone quella di settecentesca memoria nei conventi) è pur vero che dovremmo occuparci anche di chi si trova in queste situazioni, che possono rivelarsi drammatiche, magari è in un Paese straniero, senza conoscere bene la lingua, con il timore di un rimpatrio o – addirittura – di essere arrestata, perchè (forse) il lavoro che svolge è border line.

La nostra rete di salvataggio sociale funziona? E come? Le nostre stitiche istituzioni portano a conoscenza i cittadini (residenti e no) della possibilità di salvare una nuova vita, in un Paese in piena denatalità? Occorrerebbe che le gestanti sapessero che esiste un sistema di tutela, un aiuto, un supporto (non solo psicologico, ma anche economico) magari coinvolgendo le farmacie dove si recano per acquistare i test di gravidanza o presso i medici di base o presso gli ambulatori della ASL, insomma far sapere che pure in uno sgangherato Paese come il nostro, la maternità può essere un valore aggiunto e se per la mamma non è possibile tenere il nascituro, se ne prenderà cura la Comunità.

La nostra Costituzione, all’art. 2 recita:” La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” E quale è la forma più alta tra i diritti dell’uomo, se non la vita? E la solidarietà economica e sociale non si dovrebbe rivolgere proprio in favore dei soggetti meno fortunati?

Quanti Lorenzo (è il nome dato in ospedale al neonato ritrovato) non sono stati mai trovati, quanti non hanno conosciuto le cure e l’amore di qualcuno, schiacciati nella loro brevissima esistenza dalle convenzioni sociali, dalle paure, dall’incapacità di trovare e chiedere aiuto ed – infine – dall’assenza di quelle strutture (per il loro burocratico mal funzionamento) di rete sociale che, pure, un Paese che si afferma moderno e solidale dovrebbe avere? Ecco che l’evento di cui oggi si parla deve essere un momento di riflessione sotto gli ombrelloni e nei pochi luoghi di lavoro aperti, nell’attesa ferragostana dell’ennesima festività fatta di pranzi e cene e bagordi, mentre c’è una parte della nostra società abbandonata a se stessa e, forse, senza speranza.

ROCCO SUMA

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