LA FINE DELL’ UVA DA TAVOLA

43 Visite

Ci sono centinaia di migliaia di lavoratori in Puglia che si alzano presto, lavorano duramente sotto ogni clima e calura, rischiano di ferirsi nelle lavorazioni, perfezionano tecniche e conoscenze permanentemente, e non hanno alcun diritto. Dopo un anno intero di lavoro cercano ingenuamente di vendere il frutto di tanto impegno e si sentono dire che il mercato è pieno e si vende solo a prezzo di saldo. Da sempre è così.

Stiamo parlando dei contadini che da sempre sono esposti ad ogni tipo di avversità climatica o commerciale. Circostanza che ha portato le Istituzioni a pensare molte forme di aiuto ma rimane sempre la stessa situazione.

Peraltro se la materia prima non fosse così economica l’industria e i commercianti di alimentari che la acquistano non potrebbero esistere. Così i contadini si trovano soli contro tutti.

L’anno scorso le ciliegie non si sono vendute per superproduzione lo stesso per molti altri prodotti dell’orto, i prezzi dell’uva da vino sono tracollati e non si sa come si potrà affrontare la nuova annata, l’uva da tavola si vende stentatamente solo se non ha semi, cioè le varietà tradizionali non sono richieste se non a prezzi ridicoli. Pure i prezzi al consumatore finale sono alti e in crescita. Da queste colonne più volte abbiamo sottolineato che la inflazione da costi (energetici) non è inflazione ma deflazione perché l’aumento dei prezzi alla vendita finale (dovuto al rincaro dell’energia) riduce le quantità richieste a tutto danno del produttore che non riesce a vendere tutto il suo prodotto pur riducendo i prezzi. Nessuno ci ha ascoltato -e tanto meno a Francoforte- e quindi i tassi di interesse sono cresciuti in funzione antinflazionistica e quindi la domanda è stata ulteriormente mortificata anche per via del costo del danaro e della liquidità disponibile. Chi ne fa le spese? I lavoratori e i contadini. Chi li rappresenta? Nessuno.

Ci sono soluzioni? Certo! E sono tante e convergenti ma la prima cosa da fare è decidere di mettere mano alla materia delle imprese più piccole sia agricole ma anche di ogni settore; ma nessuno lo vuole fare.

Questa è la democrazia? Qualcuno potrebbe invocare maggiore autoritarismo!

Ma, si sa, piove sul bagnato, e quindi verso quale scenario si va? Sembra che si voglia chiudere progressivamente il capitolo dell’agricoltura per aprire quello dell’industria cioè degli alimenti idroponici (le piante di frutta e verdura che  non hanno mai avuto contatto con la terra) e quelli fatti da insetti o rettili allevati in industrie ad hoc. I primi ormai sono la quasi totalità di quelli che comperiamo al supermercato fuori stagione mentre i secondi sono in mano alle multinazionali; cioè quelle organizzazioni che al contrario del nostri agricoltori sono in grado di influenzare la politica; questo settore si sta affacciando nel mondo dell’alimentare e certamente già è stata introdotta e sperimentata in qualche prodotto di massa.

Con buona pace delle “eccellenze” di cui andiamo fieri e che presto dovremo ricordare come usanze di un tempo che fu.

In questa situazione arrendersi e morire è tutt’uno; conviene svegliarsi.

CANIO TRIONE

Promo